La compagna Giuliana Sgrena, sul caso dei marò, tempo fa, se ne venne fuori con le seguenti ineccepibili chiose...
1) <<Il caso dei marò è di estrema gravità perché sancisce il diritto di uccidere chiunque venga sospettato di poter essere un pirata: la guerra si trasferisce dai paesi sotto occupazione alle acque più o meno internazionali, poco importa. Importa solo se c'è uno stato che intende far valere la propria territorialità. Come sempre l'uso delle protezioni armate non esclude i pericoli e aumenta l'uso indiscriminato della forza.
Su questi temi esiste un complesso dibattito a livello internazionale, che non sembra tuttavia infervorare l'Italia se non quando ad essere coinvolti sono i nostri militari. Anche perché siamo fin troppo abituati a rinunciare alla nostra sovranità quando a colpire sono i militari di un paese più forte (soldati Usa nel caso del Cermis, Mario Lozano nel caso Calipari).
Ma nei confronti dell'India ci consideriamo noi i più forti e quindi pronti a far valere l'obsoleta consuetudine dello zaino o della bandiera (un militare risponde solo al paese di provenienza) e considerare danno collaterale la morte di due pescatori indiani disarmati e senza nessuna velleità piratesca, del resto disarmati non lo eravamo anche noi, a bordo della Toyota Corolla quella notte del 4 marzo 2005, nei confronti dei soldati americani? Se ci siamo permessi di lasciare impunita l'uccisione di Nicola Calipari perché non dovremmo farlo nei confronti di due poveri, sconosciuti pescatori indiani? >> http://giulianasgrena.globalist.it/Detail_News_Display?ID=7974&typeb=0&La-legge-del-piu-forte-Scontro-Italia-India-sui-maro
Danno collaterale? Consuetudine della bandiera? Sbaglio od i marò son trattenuti da oltre due anni senza che venisse raccolto alcuno straccio di prova sulla loro colpevolezza? Fra l'altro, le leggi italiane vietano l'estradizione in quei paesi dove vige la pena di morte.
2) <<Si sbaglia chi ritiene che io voglia la loro condanna, al contrario, sarei felice di sapere che non sono stati due soldati italiani ad uccidere due pescatori indiani, anche se purtroppo ci sono già state altre vittime civili delle truppe italiane all'estero (compresa una bambina afghana di 13 anni).>> http://giulianasgrena.globalist.it/Detail_News_Display?ID=39126&typeb=0&Non-contro-i-maro-ma-per-la-giustizia-Per-tutti
Qua saltiamo proprio di pali in frasche, incappando nelle fallacie logiche (come quella di tipo non sequitur, o l'altra di tipo strawman, in base ai punti di vista). Ma sulle dinamiche relative alla morte della bambina afghana vedrò di documentarmi correttamente (non mi fido dei compagni).
3) <<E poi perché la giustizia indiana dovrebbe essere meno affidabile di quella italiana? L'India è un grande paese democratico sicuramente meno corrotto dell'Italia, a giudizio delle classifiche internazionali, dunque basta aspettare il processo e preparare la difesa. Invece non si accetta la giustizia indiana mentre non ci si è opposti al diktat della giustizia americana che non ha accettato di far processare Mario Lozano per la morte di Nicola Calipari, o che non ha condannato i responsabili del Cermis. Solo per citare i casi più eclatanti.>> http://www.globalist.it/Detail_News_Display?ID=35074&typeb=0&Loid=100&Ferrari-il-perche-di-una-vergogna
Ok, questo è troppo... Questa mujahid filo-sovietica ha il coraggio di definire l'India un paese democratico?!
l'India,
a) in cui viene assolto lo stupratore e condannata la vittima se quest’ultima appartiene ad un ceto sociale inferiore rispetto a quello del suo aguzzino;
b) che tutela i suoi soldati anche se rei di stupro;
Ora, passiam in carrellata un'altra cariatide nostalgica dell'ancien regime sovietico, tale Matteo Miavaldi...
Le imbesuite scempiaggini di Miavaldi sui marò, già ampiamente confutate, vengon periodicamente fatte risalire dalle tubature della fossa biologica dei centri sociali. Ora, finché si tratta d'esser in buona fede, è un conto, ma giunti a questo punto mi riesce piuttosto difficile pensare che voi, cari e grevi cosacchi della mia od altrui lista-amici di facebook, possiate esserlo. Od avete problemi di comprendonio, o siete in malafede. Delle due, spiace dirlo, l'una. Ed è inutile che ve ne veniate acidamente fuori sostenendo di averne piene le palle di chi s'improvvisa giornalista: io mi limito semplicemente ad andar a fondo negl'argomenti di mio interesse, facendo pura e semplice divulgazione corretta senza derive ideologistiche. Non occorre aver titoli particolari a tale scopo, basta un minimo di volontà ed onestà. Ciò che a voi manca! Non avvertite i miasmi puteolenti di marciume che vi trascinate appresso? L'assuefazione ha preso il sopravvento, eh? Dal video dell'intervista, emerge di come costui avrebbe l'anticonformistico ardir di metter in luce "il provincialismo, la retorica becera, nazionalista, colonialista e neo-fascista" che, a dir suo e del suo compagno di merende che l'ha intervistato, avvinghia l'Italia in una stretta morsa disinformatrice... C'è da mettersi le mani nei capelli solo a sentir questo linguaggio di stampo anacronisticamente e propagantisticamente brigatistico e rievocativo delle sanguinarie dittature sovietiche. Ma andiamo avanti... Costui ammette di non esser un esperto né di perizie, né di diritto, né di tattiche militari, e quindi ha deciso di pender totalmente dalle labbra dei rappresentanti del governo indiano (fallacia di tipo ipse dixit), lo stesso che ha permesso, fra le altre cose, che il peschereccio a bordo del quale s'era consumato il delitto venisse rottamato (fatto gravissimo che appura tutta la malafede dei suoi cari amici governativi, poiché sarebbe valso come prodromo a favore dei marò, e dunque troppo scomodo). Dato che mi son già sorbito, in passato, una lenzualata assai prolissa di questo rubro dilettante allo sbaraglio, leggendomi le sue sedicenti controdeduzioni a quella che non esiterebbe a definire come vulgata imperialistico-fascista e plutocratico-massonico-sionista, di certo lascerò sullo scaffale quel suo bel fior di deiezione di libro che gl'è uscito dai bassifondi! Vorrei solo capire se, mentre è sotto sforzo, sulla fronte gli appaia il simbolo della falce ed il martello...
Confutazione della vulgata colpevolista
La ricostruzione su cui fa leva l’ala nazi-comunista italiana per gettar discredito a due suoi connazionali, fa acqua principalmente sotto l’aspetto logico. Né l’autopsia condotta dal prof.re di Medicina e Chirurgia legale a Trivandrum, Sasikala, sul cadavere di uno dei due pescatori uccisi, né gl’esami balistici han supportato la versione che colpevolizza i marò: il frammento di proiettile estratto dal cadavere non coincide con quelli in dotazione alla NATO, da una parte; dall’altra, se davvero il peschereccio fosse stato crivellato di proiettili da Latorre e Girone, che eran a bordo del mercantile Enrica Lexie, allora avrebbero dovuto colpirlo con un’inclinazione dall’alto verso il basso, mentre invece risulta di come quasi tutti i proiettili avessero tracciato traiettorie orizzontali se non addirittura dal basso verso l’alto, a supporto di come sia suffragabile la tesi d’un attacco condotto da imbarcazioni-pirata, motovedette o skiff dello Sri Lanka (ciò è quello che SPESSO accade alle imbarcazioni che si spingono, guarda un po’, nelle acque dell’ex Ceylon).
Comunque, scendiamo nello specifico.
Antefatto: verso le ore 16.15/30, il mercantile Enrica Lexie, a bordo del quale si trovavan i due marò, venne avvicinato da un’imbarcazione sospetta; ciò spinse il capitano dell’Enrica Lexie, Vitelli, a caldeggiare l’equipaggio della suddetta imbarcazione a che gli desse un minimo cenno di risposta, sia essa acustica o luminosa, senza tuttavia riceverne alcuno; a ciò seguiron misure dissuasive che però non culminaron in alcun conflitto a fuoco: furon SOLTANTO sparati dei colpi d'avvertimento in acqua, che indussero i malintenzionati ad invertir la rotta. Dopo l’accaduto, a stretto giro, il cargo in questione procurò d’avvertire la capitaneria di Kochi d’aver sventato un attacco di pirati, nell’intento - anche se può sembrar superfluo specificarlo, ma la malizia dei detrattori a priori di chi indossa divise non ha limiti! - di metter in guardia del pericolo chi si fosse trovato nei paraggi e dissuaderne la navigazione. Poco prima delle 19.30, Vitelli spedì una e-mail per riferire dell’accaduto al MSCHOA (Maritime Security Centre Horn of Africa), ente preposto alla supervisione ed alla sicurezza delle navi attorno al Corno d’Africa, attenendosi alle regole di registrazione dell’UKMTO (UK Maritime Trade Operations). Soltanto alle 21.36 la capitaneria di Kochi si mise in contatto con l’Enrica Lexie spronandone l’equipaggio affinché si presentasse quanto prima nel porto per l’identificazione del vascello pirata.
Ora, i fatti successivi son riassumibili nei punti salienti come segue:
1) in un’intervista televisiva rilasciata da Freddy Bosco, capitano del peschereccio St. Anthony, questi dichiara apertis verbis di come attraccò nel porto indiano di Neendankara verso le ore 23.30, avvertendone la capitaneria d’aver subito un attacco con armi da fuoco un paio d’ore prima (approssimativamente verso le 21.30), non già alle 16.15, come avrebbe invece dichiarato in un secondo momento producendosi in un volo pindarico d’improbabili, sospettose e forzate ritrattazioni;
2) il fatto che l’incidente fosse andato consumandosi di notte trova conforto nella dichiarazione di Bosco circa la sua impossibilità di leggere il nome del mercantile;
3) verso le ore 22.30 la motonave greca Olympic Flair diramò un bollettino al search and rescue di zona, parte della rete dell’International Maritime Organization, organo affiliato all’ONU preposto alla sicurezza marittima, in cui tenne a specificare di come avesse subìto, rispondendo col fuoco al fuoco, un attacco da parte di pirati; fatalità ha voluto che il peschereccio St Anthony si trovasse nel posto sbagliato nel momento sbagliato, e cioè in mezzo al fuoco incrociato delle parti;
4) la polizia portuale si produsse in un inquinamento probatorio esemplare, costringendo Freddy Bosco a metter in piedi una versione dei fatti facente leva su labili ed illogiche basi, permettendo per giunta che venisse rottamato il peschereccio (fatto gravissimo che dimostra tutta la malafede delle forze dell’ordine indiane).
Un paio di virgolettati tratti da uno degli articoli che non leggerete per taratura ideologica...
1) <<Quando il 16 febbraio del 2012 l’anatomopatologo prof. K. Sasikala, docente associato di medicina legale all’Istituto di Medicina legale di Trivandrum, esegue l’autopsia, dai corpi delle vittime estrae due proiettili, uno ciascuno. Già questo, insieme alle foto del St Antony in cui il peschereccio appare quasi intatto, contribuisce a smentire le dichiarazioni di Bosco, perchè se i Marò avessero sparato per un minuto e mezzo avrebbero esploso circa duemila colpi ed i due cadaveri sarebbero stati crivellati di colpi o fatti a pezzi. Ma a parte questo, in modo irrituale nel suo rapporto necroscopico Sasikala non indica il calibro delle ogive, ma la lunghezza e le due circonferenze delle pallottole. I numeri sono: lunghezza 3,1 centimetri, circonferenza sulla punta 2,0 centimetri, circonferenza sopra la base 2,4 centimetri. Le cifre sono compatibili con un calibro 7 e 62 e non con il calibro 5 e 56 dei sei fucili Beretta 70/90 e dei due mitra Fn minimi in dotazione alle truppe Nato, e quindi anche ai Marò. >>
2) <<Anche perché, guarda tu il caso, il calibro 7 e 62 è esattamente quello dei proiettili sparati dai mitra russi Pk montati sugli sfreccianti Arrow Boats della Guardia Costiera e della Marina Militare dello Sri Lanka, stato contro il quale l’India conduce da anni una guerra latente, che sparano a tutti i pescherecci indiani, e non per avvertimento. Negli ultimi anni sono più di ottanta i pescatori indiani la cui morte è stata attribuita ai cingalesi perchè sorpresi a pescare sconfinando in quelle acque di cui contendono la territorialità all’India, senza che questa possa fornire loro alcuna protezione. Per una volta che si possono accusare due italiani di passaggio, perchè non approfittarne?
Poi in un processo potrebbero venire fuori precedenti a dir poco imbarazzanti per l’India. Chi non ricorda il caso della Savina Kayling, nave gemella della Enrica Lexie, stesso armatore, la Flli D’Amato di Napoli? La Savina fu catturata e sequestrata dai pirati somali e trattenuta in ostaggio per 11 mesi insieme a 22 uomini di equipaggio, 5 italiani e 17 indiani. Si dovette pagare un riscatto (l’Italia), ma prima della liberazione il governo indiano implorò quello italiano di dare precedenza ai prigionieri indiani, altrimenti avrebbero corso il rischio di subire gravi ritorsioni da parte dei somali una volta rimasti nelle loro mani. L’Italia accondiscese alla richiesta e gli indiani furono liberati per primi e con ogni precauzione per tutelarne l’incolumità. E’ per ringraziare i loro liberatori, che poi gli indiani hanno arrestato due Marò italiani che erano in missione antipirateria volta a salvaguardare la sicurezza della navigazione di tutti, anche quella degli indiani.>>
<<Solo ora che l’Italia, insieme ai due fucilieri, è stata accusata di terrorismo si sono resi tutti conto che è l’intero paese ad essere chiamato in causa e che l’India sta cercando subdolamente di colpirci per motivi politici interni>> Sonia Ghandi
Post Scriptum
L'ingrata Sgrena trascura di come, per liberarla dalla prigionia impostale dai terroristi islamici dopo averla sequestrata il 4 febbraio del 2005, furon spesi 4,6 milioni di euro. Con quale coraggio se ne vien fuori con queste accuse nei riguardi di due innocenti? Un minimo di solidarietà a suoi due connazionali? Figurarsi! http://www.iltempo.it/mobile/cronache/2014/09/16/ecco-i-soldi-italiani-dati-ai-tagliagole-1.1309135
Fonti principali
http://www.tgcom24.mediaset.it/mondo/articoli/1103373/i-maro-sono-innocenti-ecco-perche.shtml
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