Sto da un po' di tempo informandomi su questo lusso... anzi aborto ideologico denominato MMT, sul quale ha evidentemente esercitato un fascino suadente l'impostazione turbo-statalistica dei regimi dittatoriali (e, guarda un po', i vari rifondaroli, vendoliani e compagnia proletaristico-borghese ne sostengono a vele spiegate le strampalate tesi... tanto a loro cosa importa, dall'alto dei loro scranni lavorativi garantiti vita natural durante?). Il compagno miliardario, nonché - parole sue - puttaniere, Barnard, il cui nominativo si perde in giochi barocchi d'allitterazioni con quello del fu matematico Russel Bertrand, artistocratico professor di gran carriera accademica che scrisse, udite udite, un libro celebrativo dell'adagiamento sugli allori al fine di gozzovigliar d'ambrosia, e cioè Elogio dell'Ozio, m'induce a credere che davvero il socialismo non sia altro che una linea politica ritagliata su misura per i ricchi, una sorta di gemello speculare del turbo-capitalismo: ideologie così reciprocamente distanti da perdersi l'una nella spira dell'altra, in quanto, percorrendo ciascuna una propria traiettoria circolare d'una stessa circonferenza, a furia di distanziarsi l'una dall'altra han fatto il frontale! 

Veniamo a noi: quali sono i sunti di questa barzelletta monetarista nata in una qualche serra botanica universitaria del Missouri?

Essenzialmente poggia sul principio che sia necessaria la spesa pubblica, intesa quale conditio sine qua non a che l'economia prosperi in un florilegio di fiorente progresso. Ma giochi parolistici a parte, la MMT sostiene quanto sia doveroso che uno Stato spenda senza soluzione di continuità: tanto più spende, quanto è meglio per tutti. E, naturalmente, a sostegno di ciò i vari Barnard di turno adducono, per esempio, al voraginoso debito pubblico  del paese del sol levante (il Giappone), galoppante al 200% del pil. Inutile specificar loro quanto quel paese sia afflitto da un radicato fenomeno deflazionistico indicativo d'una contrazione della spesa privata in termini di consumi ed investimenti: l'accentramento del debito pubblico s'è tradotto in un obbligo dello Stato alle banche d'acquistare i propri titoli di debito pubblico, provvedimento che ha ridotto le disponibilità creditizie di queste ad aziende e privati con la conseguenza d'una contrazione consumistica generale (esser al riparo dallo spread, evidentemente, non paga). Tanto è maggiore il debito contratto dallo Stato a suon d'emissioni di titoli, quanto è maggiore la probabilità d'una sua insolvenza, ma a ciò si può ovviare, come già ribadito in altri termini sopr'anzi, a mezzo della riappropriazione della moneta nazionale in nome d'una sovranità andata parduta alla stregua del Sacro Graal: con il potere di creazione illimitata della moneta, non sarebbe mai a corto di liquidi, e di conseguenza scongiurerebbe lo spauracchio del default.

Entrando nel cuore di questa teoria, s'ha da menzionare una formula d'identità contabile che assume la seguente forma:

                                                              (1)       S - T = R - I,

dove S = spesa pubblica, T = tasse, R = risparmi, I = investimenti

A rigore, suddetta formula nella sua più completa presentazione dovrebbe tener pure conto del commercio in termini d'importazioni ed esportazioni, ragion per cui la si dovrebbe rendere così:

                                                             (2)       S - T = (R - I) + (M - E),

dove M = importazione, E = esportazioni

Dalla definizione della (2), il deficit del Governo coinciderebbe col surplus (ricchezza finanziaria netta) del settore privato. Ne discende una fallace conseguenza: e cioè che suddetta ricchezza privata aumenta all'aumentar del deficit.

Inutile muover l'obiezione che un aggravamento della spesa pubblica potrebbe tranquillamente alimentare lo spettro d'una diminuzione della spesa privata in termini di consumi ed investimenti, fenomeno meglio noto sotto la denominazione di crowding out  od effetto spiazzamento: un aumento delle tasse comporta una riduzione delle disponibilità dei privati; l'emissione dei titoli di debito (bot, btp, cct, ctz, ecc...) concorre anch'essa ad un ridimensionamento della spesa privata, oltre ad un innalzamento dei costi d'indebitamento fra interessi da onorare e restituzione del denaro corrispondente alle obbligazioni vendute ai privati nel cosiddetto mercato primario, consistente nell'acquisto di titoli e strumenti finanziari nel momento in cui questi arrivano sul mercato da parte di risparmiatori ed investitori.

Inutile, sì: perché tale fenomeno - dicon i monetaristi, cioè i sostenitori della MMT -  lo si può contenere sia con l'emissione di denaro sovrano, che con la riduzione del rispettivo tasso d'interesse. E qui casca, come si suol dire, l'asino: se, ad esempio, si raddoppia la quantità di moneta circolante, i prezzi non potran che risentire d'un aumento, dato che dall'oggi al domani la produzione di beni e servizi non raddoppierebbe anch'essa!!

Quel paio di formulette poco sopra esposte lascia un argine d'ampio respiro alle interpretazioni, perdendo della natura univoca di cui i cartolaristi/monetaristi vorrebbero rivestirle. Ciò che più conta, ad ogni modo, è che la cosiddetta ricchezza finanziaria netta non dice alcunché sulla ricchezza, sui risparmi e sugl'investimenti del settore privato, risultando di fatto un indicatore utile quanto la washball di grillina memoria.

Riporto, in seguito, due esempi presi pari pari da un   ottimo video confutativo di questa teoria.

1) Se Tizio risparmia 100 euro e li presta a Caio per fare un investimento, l'aggregato ricchezza finanziaria netta è nullo: R = 100€ , I = 100€ => R-I = 0€. Eppure un cittadino privato ha risparmiato ed un altro ha usato quel risparmio per fare un investimento. Se è un buon investimento, entrambi s'arricchiranno.

2) Se Marco ha un lingotto d'oro del valore di 1.000€, la sua ricchezza finanziaria netta è pari a 0€. Se lo vende ed usa il ricavato per comprare dei titoli finanziari, essa diventa pari a 1.000€. Se però tali titoli aumentano il loro valore fino a 10.000€ e Marco li vende per comprare un auto nuova, la sua ricchezza finanziaria netta torna ad esser pari a 0€. Eppure è divenuto più ricco rispetto a prima: possiede un bene che vale 10.000€, anziché uno dal valore di 1.000€.

In tale video, inoltre, si sostiene giustamente di quanto sia arbitraria la divisione della società pubblica da quella privata, dacché "la si potrebbe dividere anche in "Gianni" e "resto della società". Se G è la spesa di Gianni e T il suo reddito, si può ancora scrivere che G - T = S - I, dove S = risparmi del resto della società ed I = investimenti del resto della società. Usando la stessa logica della MMT, si può sostenere la necessità di stampare denaro a volontà e prestarlo a Gianni, affinché aumenti la "ricchezza finanziaria netta" del resto della società. Ma, com'è evidente, un simile provvedimento sarebbe d'esclusivo beneficio a Gianni, il quale otterrebbe un potere d'acquisto illimitato godendo di beni e servizi altrui senza fornirne alcuno. Poiché la ricchezza consiste in beni/servizi, di fatto Gianni s'arricchirebbe a spese di tutti gli altri cittadini. Lo stesso ragionamento, per estensione, lo si può applicare al Governo, che potrebbe spendere senza alcun limite di denaro."

 

 

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