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Categoria: ...NEL RESTO DEL MONDO
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Riporto una testimonianza della ferocia con cui la dinastia dei Kim tiene sotto un dispotico scacco uno Stato da quasi 25 milioni di abitanti: quella di Benedict Rogers, giornalista e responsabile della ONG Christian Solidarity Worldwide, che ha testimoniato la totale assenza di libertà religiosa nella comunistica monarchia di Kim Jong-un (mai potrei riportare testimonianze di dissidenti e chi ne ha patito i soprusi).

 

 Andare il Corea del Nord significa mettere piede letteralmente nelle pagine di 1984 di George Orwell. Nell'ottobre 2010 mi recai nel paese conosciuto come il 'regno eremita', la nazione più chiusa al mondo e una di quelle dove i diritti umani sono trattati nel modo peggiore. Ci andai con due parlamentari inglesi, Lord Alton e la baronessa Cox, fra le voci più attive in Inghilterra nella difesa dei diritti umani e, in particolare, della libertà religiosa. Partimmo ben sapendo che avremmo visto solo quello che il regime voleva farci vedere, ma con il preciso intento di parlare faccia a faccia con il regime e di metterlo di fronte alla verità sull'atroce trattamento che riserva al suo popolo.

 La Corea del Nord viene considerata da molti il luogo peggiore al mondo dove vivere per un cristiano. In linea di massima, professare la fede cristiana - o qualsiasi fede religiosa - è un crimine perché i nordcoreani devono dimostrare la loro assoluta devozione alla dinastia Kim che domina il paese, e non sono tollerati dissensi o deviazioni. Nel suo Libro bianco sulla libertà religiosa nella Corea del Nord (edizione 2013), il Database Center for North Korean Human Rights afferma che il 99,7% dei rifugiati nordcoreani intervistati ha risposto che 'in Corea del nord non esiste libertà religiosa'. La Commissione d'inchiesta delle Nazioni Unite sulle violazioni dei diritti umani in Corea del Nord riferisce che 'si riscontra una pressoché totale negazione del diritto alla libertà di pensiero, coscienza, e religione, oltre che dei diritti alla libertà di opinione, espressione, informazione ed associazione'. Conclude che il regime 'considera la diffusione del cristianesimo una minaccia particolarmente grave' e di conseguenza 'ai cristiani viene proibito di praticare la loro religione e sono perseguitati'. Severe punizioni vengono inflitte alle 'persone sorprese a praticare il cristianesimo'. Dalle testimonianze di decine di rifugiati politici sappiamo che possedere una Bibbia può costare la condanna a un campo di prigionia e, forse, a essere giustiziati. I nordcoreani che fuggono attraversando la frontiera con la Cina, e che vengono rimpatriati con la forza, devono affrontare un amaro destino se sospettati di essersi convertiti al cristianesimo o di aver avuto contatti con missionario sudcoreani.

 Nel corso dei nostri incontri con gli alti funzionari del regime nordcoreano abbiamo espresso queste preoccupazioni. Abbiamo citato casi specifici, come le esecuzioni nel 2009 di almeno due cristiane - Ryi Hyuk Ok e So Keum Ok - e di tre leader di Chiese domestiche nel 2010, oltre all'incarcerazione di almeno altri venti cristiani nel campo numero 15 di Yodok, un gulag divenuto tristemente famoso. Ci presentavamo ad ogni incontro con montagne di rapporti: delle Nazioni Uniti e di ONG come Amnesty International, Human Rights Watch e la mia stessa organizzazione, Christian Solidarity Worldwide, che nel 2007 ha pubblicato uno dei primi rapporti esaustivi sui crimini contro l'umanità commessi in quel paese, North Corea:a Case to Answer, A Call to Act. Ci siamo trovati di fronte dei volti di pietra che ci hanno risposto che quei rapporti erano 'bugie' e che l'esecuzione dei cristiani era 'impossibile'.

 In un'occasione una conversazione estemporanea arrivò a degenerare in un duro confronto. Stavamo visitando la Corte suprema del paese, un edificio in stile Alice nel paese delle meraviglie. La nostra guida, un magistrato di alto grado, ci portò nell'aula del tribunale, dove la baronessa Cox fece un'osservazione su quanto fossero scomodi i posti a sedere degli imputati rispetto a quelli dei giudici. 'Che cosa significas questo rispetto al principo che vige nel nostro paese, vale a dire che una persona è innocente fin quando non viene provata la sua colpevolezza?' chiese. 'Nel nostro paese, quando una persona entra in tribunale, non crediamo che sia innocente' fu la risposta, che meriterebbe pieni voti se non altro per la franchezza.

 Questo scambio aprì la strada a una conversazione durante la quale noi sollevammo tutte le preoccupazioni per i diritti umani fondamentali - campi di prigionia, torture, esecuzioni - e il magistrato negava l'esistenza stessa di quei campi. Noi citammo casi specifici e lui li respinse. Noi parlammo in particolare di Yodok, il campo di prigionia più conosciuto, e lui affermò che si trattava semplicemente di un villaggio. Poi cominciò a irritarsi e chiese: 'Chi vi ha parlato di questi luoghi? Sono forse stati gli americani?'. Rispondemmo di no. 'I sudcoreani?' Sbagliato ancora una volta; replicammo e spiegammo: 'Sappiamo dei campi di prigionia perché abbiamo incontrato decine di sopravvissuti cvhe son fuggiti dal vostro paese'. La maschera si sgretolò. 'Ah, quelle persone sono criminali e bugiardi fuggiti dai campi di prigionia' rispose, ammettendo involontariamente l'esistenza di quegli stessi campi che solo qualche secondo prima aveva negato. poi Lord Alton lo guardò dritti negli occhi e, con sguardo determinato e intenso, chiese: 'Come può affermare che quelle persone sono dei criminali?' Per esempio, conosciamo il caso di Shin Dong-hyuk, che è nato in un campo di prigionia, ha visto giustiziare sotto i  propri occhi la madre e il fratello e ha vissuto i primi vent'anni di vita in un campo, prima di fuggire. Com'è possibile nascere criminai?'. L'uomo non rispose, ma si raggelò. Per quelli che, probabilmente, furono pochi secondi, ma che a noi sembrarono molti di più, ci fu un silenzion carico di tensione. Nessuno di noi sapeva che cosa sarebbe accaduto dopo. Poi, in modo tranquillo, mormorò: 'Continuiamo il nostro giro?'. Ogni aspetto della vita quotidiana è dominato dalla venerazione per Kim. Una sera ci portarono ad assistere ad un concerto. La prima metà fu molto gradevole ed avremmo potuto trovarci in qualsiasi altro luogo del mondo. Giunti a metà, però, dietro l'orchestra calò un grande schermo dove venne proiettato un filmato di Kim Jong-il mentre visitava fattorie e fabbriche. Ne seguì un altro di soldati in marcia, sfilate di carri armati e lanci di missili. Ogni volta che partiva un missile, tutto il pubblico della sala concerti - fatta eccezione per tre persone -  applaudiva con entusiasmo. I nostri accompagnatori notarono lo scarso apprezzamento che riservammo alle immagini. 'Non avete applaudito il film' disse uno di loro. 'No' replicò Lord Alton. 'Non pensiamo che sia bello lanciare missili nel bel mezzo di un concerto, e neppure in altre occasioni'.

 Cogliemmo ogni opportunità per chiarire il nostro fermo, seppur educato, rifiuto del loro sistema, dimostrando comunque rispetto per la dignità di tutte le persone che incontravamo. Così facendo, forse, riuscimmo a piantare piccoli semi nelle loro menti, o almeno a offrire loro qualche spunto di riflessione. Ben pochi avevano sentito qualcosa di diverso dalla loro propaganda: anche solo sentire di una visione alternativa forse li avrebbe spinti a porsi delle domande. Tuttavia, come per smentire i rapporti che avevamo presentato al regime, una domenica mattina ci portarono a visitare tre delle quattro chiese di Piongyang. La capitale, infatti, vanta una chiesa cattolica, una russa ortodossa e due protestanti. Nella chiesa russa ortodossa incontrammo un sacerdote nordcoreano e notammo che la congregazione era composta principalmente di diplomatici russi. Alla chiesa protestante di Bongsu, costruita nel 1988, ci dissero che avevano stampato 20 mila bibbie e libri degli Inni, e che nella Corea del Nord i protestanti erano 13 mila. Non abbiamo avuto modo di verificare questi dati, ma sappiamo che la Bibbia è bandita e crediamo che il numero di coloro che sono cristiani in segreto e nella clandestinità potrebbe essere cinque volte superiore rispetto a quanto ci hanno detto.

La Federazione cristiana coreana - una facciata del regime - ci ha detto che ci sono 500 Chiese domestiche. Accanto alla chiesa di Bongsu sorge un nuovo seminario con dodici studenti e dieci insegnati. Dopo un corso di cinque anni ed il diploma, gli studenti sono ammessi alla Korean Christian Federation come pastori. Sulle pareti della classe sono appesi un passo della Lettera di Giacomo: 'Infatti come il corpo senza lo spirito è morto, così anche la fede senza le opere è morta' (Gc 2,26), e uno dei Proverbi: 'Il timore dell'Eterno è il principio della sapienza, e la conoscenza del Santo è l'intelligenza' (Pr 9,10).

 Chi getta uno sguardo superficiale può facilmente lasciarsi ingannare da questa esibizione di segni esteriori di fede cristiana. Eppure quelle chiese sono edifici in puro stile sovietico, creati a beneficio dei visitatori internazionali del regime. Le parole dei Proverbi sono affiancate da slogan del partito che instillano non il timore del Signore, ma paura del regime e del suo apparato invadente. L'attività religiosa, se mai esiste, viene rigidamente controllata dal Dipartimento del fronte unito del Partito dei lavoratori della Corea, come mette in luce nelle sue memorie, pubblicate di recente con il titolo Dear Leader, Jang Jin-Sung, ex alto responsabile della propaganda di regime.

La maschera relativamente convincente indossata dalla chiesa di Bongsu cadde nella chiesa cattolica di Jangchung. Qui non ci sono sacerdoti, quindi niente messa: al posto della santa celebrazione tre ministri guidano una semplice liturgia. Fummo accolti dal presidenti del Council of Korean Religionists, un'altra facciata di regime. Indossava un abito in puro stile maoista e sfoggiava un sorriso imperscrutabile: un quadro del partito proveniente direttamente dal casting centrale. Eppure, anche in questo caso, ci fu concessa un'opportunità sorprendente quando ci invitarono a rivolgerci alla congregazione. Malgrado l'isolamento e lo stato di paria, il regime è capace di condurre in modo sofisticato le pubbliche relazioni con i visitatori.

Tutt'e tre le chiese erano piene. Alcuni analisti affermano che quelle congregazioni sono formate semplicemente da 'comparse a pagamento,' accompagnate fin lì in autobus a beneficio degli stranieri, oltre a membri leali del partito o cittadini intimoriti che obbediscono agli ordini. ovviamente le conversazioni a tu per tu con i fedeli erano impossibili.

 [...] In ogni caso nessuno si lascerebbe ingannare da questa farsa. I cristiani praticano la loro fede nel più stretto segreto, al di fuoridi queste quattro chiese in stile sovietico attentamente controllate. La dinastia Kim viene venerata come divina - alcuni affermano sia modellata sul concetto della Santa Trinità, con Kim Il-sung il Padre, Kim Jong-il il Figlio, e la Juche (l'autosufficienza) lo Spirito Santo. I cristiani sono considerati fra i peggiori della classe ostile nella struttura songbun della Corea del Nord, che suddivide la popolazione in diverse categorie in funzione della lealtà. Tutti i nordcoreani nascono in una classe - a grandi linee leale, vacillante e ostile - determinata da origine dei genitori, storia politica, professione o fede presunta. Il cristiano, e chiunque sia sospettato di avere legami ancestrali con la Corea del Sud, viene automaticamente classificato nella classe ostile ed il suo destino è segnato. In questo sistema, che rammenta l'apartheid sudafricano o il sistema delle caste in India, ogni possibilità di accedere a istruzione, impiego, assistenza sanitaria e persino alle razioni alimentari è decisa dal songbun.

 L'allenza dei cittadini per i diritti umani nella Corea del Nord riferisce che alcune strutture detentive sono riservate specificamente ai cristiani, compreso il Suseong Edification Centre nella città di Cheongjin per i 'leaders religiosi e le loro famiglie' e il campo per prigionieri politici numero 14 per le 'persone di fede'. Nel 2014, come reazione alla UPR (Revisione periodica universale delle Nazioni Unite), una procedura alla quale vengono sottoposti ogni pochi anni tutti i paese per determinare lo stato dei diritti umani, l'ambasciatore nordcoreano alle Nazioni Unite ha dichiarato: 'Nella zona nordorientale della Cina esistono cosiddette Chiese e preti impegnati esclusivamente in atti ostili contro la Repubblica popolare democratica di Corea (DPRK). Indottrinano chi varca illegalmente la frontiera con un'ideologia anti-DPRK e li rimandano in Corea del Nord con l'incarico di sovvertire, distruggere, trafficare in esseri umani e persino di compiere atti terroristici'. Il fatto che i cristiani vengano etichettati come terroristi è un segno allarmante dell'ostilità del regime.

 

Virgolettato tratto da Il libro nero della condizione dei cristiani nel mondo, di Di Falco, Radcliffe e Riccardi.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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